ALLA FINE DELLA CITTÀ. Periferie e memoria - READING
SABATO 10 NOVEMBRE – READING
Ore 18.30 – Complesso ex Cartiera Latina, via Appia Antica 42
ALLA FINE DELLA CITTÀ. periferie e memoria
reading tra parole, immagini e canzoni
di e con Tamara Bartolini e Michele Baronio
con la partecipazione di Umberto Pessolano, naturalista, e Sven Otto Schenn ideatore del "Sentiero Pasolini"
e con il contributo fotografico dell’Archivio Marcello Geppetti
produzione Ti con Zero, Bartolini/Baronio
Un viaggio, tra parole, fotografie e canzoni, in quei luoghi residuali, periferici, marginali, in cui azioni straordinarie hanno raccontato la possibilità concreta di costruire una nuova idea di città, di società e di mondo.
Questa è l’epoca della dimenticanza, abbiamo perso la memoria, sembra che tutto stia precipitando in una caduta senza fine, nell’oblio, nella rimozione. Il vuoto è davanti a tutti. Per questo vogliamo allenare la nostra memoria, partendo da esperienze come quella di Roberto Sardelli – raccontata nel libro Vita di borgata – per fare un viaggio, tra parole, fotografie e canzoni, in quei luoghi residuali, periferici, marginali, in cui azioni straordinarie hanno raccontato la possibilità concreta di costruire una nuova idea di città, di società e di mondo. Lo spettacolo è prodotto nell’ambito di Roma. Cantiere della Memoria che fa parte del progetto europeo Altercities sostenuto da Europa Creativa in collaborazione con il Centro per il Libro e la Lettura (MiBACT).
Bartolini/Baronio Esplorano dimensioni attoriali di tipo autoriale, lavorano con la scrittura, la pedagogia, la regia, la musica e l’ideazione scenica. Nel 2009 con La Caduta nasce il sodalizio di tutte le successive creazioni: Tu_Two, Carmen che non vede l’ora, Redreading, Passi, vincitore del premio Dominio Pubblico Officine 2014. Con il nuovo progetto Dove tutto è stato preso a partire dal romanzo Correzione di Thomas Bernhard vincono il Bando Cura 2017. Esposizione personale, biografie individuali e collettive, dialogo tra parola, musica, artisti e territori, è un teatro che ricuce la storia, che vuole creare prossimità.
Ti con Zero nasce nel 2004 e svolge la sua ricerca nell’ambito della promozione della cultura e della didattica. Sviluppa progetti ed eventi su varie materie e argomenti con un focus su temi di letteratura, educazione ambientale e diverse forme di teatro. Crea installazioni di arte e scienza, allestimenti artistici, percorsi naturalistici, archeologici, letterari, scientifici e sportivi. Organizza itinerari di arte e cultura a piedi e in bicicletta, con visite guidate, lavorando sulla memoria di luoghi, artisti, scrittori e atleti. Costruisce teatrini di carta e allestisce mostre avvicinando il pubblico ai linguaggi e alle pratiche dell’arte contemporanea. Per realizzare le sue iniziative collabora con attori, performer, danzatori, musicisti, esperti in vari settori, scrittori, lettori e giornalisti.
Altercities Roma. Cantiere della Memoria è parte di Altercities, progetto europeo che affronta il tema della memoria dei quartieri e che coinvolge quattro città: Parigi, Berlino, Roma e Istanbul. L’intento del progetto è di raccontare quelle esperienze di formazione informale che sono state fondamentale crescita sociale, politica e culturale per una generazione di baraccati a Roma fino agli inizi degli anni ‘70, attraverso laboratori per le scuole, letture, narrazioni performative, esplorazioni. La narrazione, dettata dai documenti prodotti e raccolti in quel periodo, viene aggiornata dal vissuto di oggi, con racconti autobiografici, romanzi e testimonianze che possano restituire una lettura attuale della città, dei quartieri e delle realtà sociali.
https://bartolinibaronio.wixsite.com/home
http://www.altercities.eu/
Movio – Altercities – Roma. Cantiere della memoria
NEL SEGNO DI ALESSANDRO TAGLIOLINI
SABATO 10 NOVEMBRE – ITINERARIO A PIEDI
ore 10 – Quartiere Balduina
NEL SEGNO DI ALESSANDRO TAGLIOLINI
Conducono Patrizia Hartman, attrice e Carlo Sassetti docente di restauro Accademia di Belle Arti di Carrara
Reportage fotografico in collaborazione con Pierfrancesco Giordano docente di fotografia dell’Accademia di L’Aquila e i suoi studenti
La prima di quattro esplorazioni urbane dedicata allo scultore, paesaggista e storico dei giardini. Un viaggio tra letteratura, arte e urbanistica alla ricerca di altorilievi, fontane e sculture presenti nei quartieri residenziali romani costruiti dagli anni Sessanta. Letture da autori vari e scritti dell’artista.
Partenza: Stazione Roma Balduina treno urbano Roma Cesano
Arrivo: Pza Giovenale
Percorso: Km 5 circa-Durata 3 ore. per tutti
ALESSANDRO TAGLIOLINI (1931 – 2000)
La sua prolifica attività si è svolta in campo internazionale, la sua opera (monumenti, fontane, parchi e giardini ) si esplica nella costante ricerca del rapporto tra uomo e ambiente, da lui studiato anche sul piano teorico. Ha scritto numerose monografie e saggi, partecipando con enorme impegno nella salvaguardia del patrimonio italiano dei Parchi e Giardini. Ha ricevuto il Premio nazionale Ministero della Pubblica Istruzione per la Giovane Scultura Italiana e il Premio Pietro Porcinai per il progetto e la realizzazione del Giardino delle Terme di Sciacca.E’ stato membro del Comitato Nazionale per i Giardini Storici del Ministero dei Beni Culturali , vicepresidente del A.I.A.P.P., ha creato e diretto la rivista Architettura del Paesaggio e fondato l’Archivio Italiano dell'Arte dei Giardini, a S.Quirico d'Orcia e il Centro Studi Giardini Storici e Contemporanei a Pietrasanta
TUTTI AL MARE! - Pedalata
SABATO 3 NOVEMBRE - PEDALATA
ore 10 – Parco dell’Appia Antica / Decima
TUTTI AL MARE!
A cura della Biblioteca della Bicicletta Lucos Cozza
Conduce Roberto Pallottini
“Tutti al mare!”: il titolo è un invito che sa di canzonetta, quasi scherzoso, ammiccante, beneaugurante, ma è anche una direzione, un traguardo, un obiettivo. Ed è una gimkana da guerriglia urbana, fra il traffico macchinario e quello esistenziale.
Prima parte: da Porta San Sebastiano passando per Tor Marancia, Grottaperfetta, Parco degli Eucalipti, Parco delle Tre Fontane Eur fino a Decima.
Partenza: complesso ex Cartiera Latina, via Appia Antica 47
Arrivo: Stazione Tor di Valle stazione treno urbano Roma-Lido
Lunghezza: 11 km - Durata: 4 ore - Difficoltà: nessuna
Note: Alcuni tratti del percorso sono sterrati; pranzo al sacco; si consiglia l’uso del casco..
DOMENICA 4 NOVEMBRE - PEDALATA
ore 10 –Acilia / Idroscalo
TUTTI AL MARE!
A cura di Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza
Conduce Roberto Pallottini in collaborazione con “Sentiero Pasolini”
“Tutti al mare!”: il titolo è un invito che sa di canzonetta, quasi scherzoso, ammiccante, beneaugurante, ma è anche una direzione, un traguardo, un obiettivo. E una gimkana da guerriglia urbana, fra il traffico macchinario e quello esistenziale.
Seconda parte: da Acilia passando per Dragona, Sentiero Pasolini, Ostia Antica e Idroscalo
Partenza: Stazione di Acilia treno urbano Roma-Lido
Arrivo: Stazione di Ostia Lido Centro treno urbano Roma-Lido
Lunghezza: 32 km (20 km di mattina, 12 km di pomeriggio) - Durata: 7 ore - Difficoltà: nessuna
Note: Alcuni tratti del percorso sono sterrati; pranzo al sacco; si consiglia l'uso del casco.
Info: 3498728813 (Ti con Zero)
FB Biblioteca della Bicicletta Lucos Cozza
www.bibliotecadellabicicletta.it
Instagram allafinedellacittà
BIBLIOTECA DELLA BICICLETTA LUCOS COZZA
E’ l’unica in Europa, specializzata in tutto quello che riguarda la bicicletta: manuali e guide, biografie di corridori e storie di corse, romanzi ed enciclopedie, saggi e poesie. Fondata nel 2012 da Fernanda Pessolano, ospitata nella Biblioteca Casa del Parco alla Pineta Sacchetti di Roma, inserita nel sistema delle Biblioteche di Roma per prestiti e consultazioni, organizza e partecipa a feste e festival, rassegne e incontri, raduni e competizioni (dal Giro d’Italia dei professionisti a quello degli Under 23).
STORIE E CONTROSTORIE di e con Ascanio Celestini
SABATO 3 NOVEMBRE - NARRAZIONE
ore 21
Teatro del Lido Ostia, via delle Sirene 22
Storie e Controstorie
di e con Ascanio Celestini
Ingresso: 10 € intero / 8 € ridotto, per tutti
Sono storie dette a margine di altri spettacoli. Racconti scritti in fretta e poi riletti e ri-detti, messi da parte e ripescati. C’è toni mafioso, presidente del partito dei mafiosi e toni corrotto presidente del partito dei corrotti, ma c’è anche l’opposizione che gioca a bridge nel salottino privato del bar della mafia in via della corruzione. C’è il piccolo paese che forse ci sembra piccolo perché lo vediamo da lontano, o forse ci sembra ancora lontano, mentre è soltanto piccolo piccolo.
In “Confessione di un assassino” Joseph Roth fa dire a Golubcik che «le parole sono più potenti delle azioni - e spesso rido quando sento l’amata frase: “Fatti e non parole!”. Quanto sono deboli i fatti! Una parola rimane, un fatto passa! Di un fatto può essere autore anche un cane, ma una parola può essere pronunciata soltanto da un uomo». Nei miei racconti cerco di mettere insieme le parole e non di fatti. Certe volte non accade niente. Un meccanismo che si inceppa è l’unico avvenimento. Spesso i personaggi non hanno nome e le relazioni arrivano quasi ad azzerarsi. Ci sono le parole che diventano semplici come rotelle di un ingranaggio, come chiodi che tengono insieme dei pezzi di legno. I racconti di Storie e Controstorie sono microstorie che iniziano e finiscono in pochi minuti, una specie di concept album dove canzoni diverse raccontano un unico luogo. Qualcuna proviene dalla tradizione popolare, ma tutte hanno in comune l’improvvisazione. Salgo in scena senza copione e scaletta.
Ascanio Celestini
NEL MONDO ACCANTO - Reportage di Carola Susani
NEL MONDO ACCANTO
Diario di viaggio di Carola Susani
Alcuni passi del racconto letti da Tamara Bartolini
Primo percorso: Porta San Sebastiano – Decima, in bici
Inforco per la prima volta la bici in città, i compagni di viaggio per fortuna sono più esperti. Tutti tranne me usano abitualmente la bici. Fernanda, che investo del ruolo di mia guida, Roberto, che è un urbanista, Umberto, geologo e naturalista. Carlo che fa le riprese video. Siamo dentro un lembo del parco dell’Appia Antica, alle nostre spalle, c’è la Cartiera latina. Nei paraggi passa l’Almone, anche se io non l’ho visto. L’acqua del fiume nel tempo è stata usata per follare la lana, infeltrirla, renderla compatta, quasi impermeabile e poi per fare la carta dagli stracci. Di Almone mi ricordo che era il fratello di Silvia, morto per vendicare il cervo di sua sorella. L’acqua ci sarà compagna in questo viaggio.
Sotto gli alberi fa fresco, anche se l’aria è umida e le zanzare sono ancora vivaci. Mentre con la bici arranco sui montarozzi, una ragazza con un grosso trolley lilla appare sul sentiero. Ha un’aria decisa, vuole raggiungere la Garbatella attraversando il parco. Ha sbagliato strada, è vero, ma il parco provoca questo genere di errori. Nei parchi rischi di perdere tempo, di perdere il controllo. I parchi romani sono insidie perché ricordano che l’abitato non è tutto. A Roma s’incuneano, sono zone poco pettinate che portano il confine della città al suo interno.
Uscendo dal parco, il sole è un colpo. Lo è anche il rumore, un rumore di fondo fisso, concreto, grigio. L’ansia di calcolare male le distanze, di attraversare nel momento sbagliato, di non frenare in tempo, non mi lascerà fino alla pista ciclabile. Per me, che tutto sono tranne che una pedalatrice esperta, la compresenza delle auto e delle bici è traumatica. Se non c’è confine fra noi e loro, il confine è la loro lamiera - e il nostro corpo. Poi ci si mettono i camion di carico e scarico che occupano placidi la carreggiata (la mole li rende placidi, la vulnerabilità rende noi reattivi come cani di taglia piccola).
Il nostro viaggio non si allontana mai troppo dal confine, per ora è il confine fra il verde e il costruito. Attorno alla Tenuta di Tor Marancia, vicino ai cassonetti, materassi, una cassapanca in disuso. È sul confine che si raccolgono i residui, le cose abbandonate che non hanno più un posto o alle quali è stato negato, anche le persone che non hanno più dove mettersi finiscono addosso al confine (è facile perdere lo scaffale di questi tempi). Quando vedo un materasso in buono stato abbandonato per strada, penso che sia un regalo a una persona che non ha dove dormire. Diverso, se piove, in quel caso mi sembra un doppio sfregio. Ma oggi è sereno e fa fin troppo caldo.
Una traversa di via di Grotta Perfetta è dedicata a Giana Anguissola, la scrittrice per ragazzi. Mi fa piacere.
Superato il condominio del dopoguerra le cui facciate sono state trasformate in grandi murales (la signora che apre le imposte, potrebbe sporgersi da una testa come Atena da Zeus), ci spostiamo in una strada vicina. C’è una roccia con una storia vulcanica. Mentre Umberto comincia a raccontare, un uomo robusto e serio, dai movimenti lenti, con qualcosa di infantile nello sguardo e nella piega della bocca, mi placca e mi comincia a raccontare pure lui, mi mostra l’andamento della roccia, i sassetti trasparenti. Ha un banco di pesce dall’altra parte della strada. I discorsi suoi e di Umberto si incrociano, e lui è del tutto soddisfatto del fatto che Umberto metta ordine nelle sue belle intuizioni. È il primo degli incontri sulla strada. Il nostro movimento, in bici e poi a piedi, ha il potere di svegliare il mondo accanto. Nel mondo accanto non ci si dispera, ci si appassiona della conoscenza. Chi delle rocce, chi degli alberi. Chi dei corsi d’acqua, chi dei resti – romani, preistorici, etruschi. A volte ci si prende cura di arbitrarie porzioni di spazio. Lì ciascuno è il preciso, lineare esito della sua infanzia. È un posto ben abitato. Ci vogliono degli accorgimenti per entrare. Per esempio, andare contro tempo.
La pista ciclabile sul ponte che guarda il Parco delle Tre Fontane mi riporta da quest’altra parte. A colpo d’occhio, non luogo, periferia urbana: snodo stradale fertile, qualche ailanto, un vivaio, un centro sportivo e sul fondo pini marittimi. È il paesaggio romano contemporaneo a cui sono abituata, inabitabile, che non prevede di essere attraversato a piedi. Ma ci passeremo attraverso in bici.
Eur. Palazzo dei Congressi. Colosseo quadrato. San Pietro e Paolo. Adesso, la paura è svanita e non è ancora arrivata la stanchezza. Comincio a divertirmi a pedalare.
A via Eufrate 9 c’è l’ultima casa abitata da Pier Paolo Pasolini. Dà sulla campagna urbanizzata e sulla Magliana. È il nostro primo incontro con Pasolini. Andiamo nella direzione verso cui andava anche lui, ma ci andiamo di giorno, in gruppo, in bicicletta, sereni. La sua sagoma fatta di nulla sta cominciando ad accompagnarci in auto. Ma per lui è notte.
Per buona parte degli italiani, per i romani, Pasolini è un dio bifronte, della lucidità e delle potenze oscure del corpo; è un santo tutelare e una vertigine. Sembra che nessuno di noi riesca a farne a meno, a smarcarsi. Anche lui frequentava un mondo accanto, a volte simile a quello che incontriamo noi, a volte lontanissimo.
Ripartiamo e andiamo giù, dritti, fino a Decima. La piazza, ci racconta Roberto, è una delle 100 piazze costruite alla fine degli anni ’90, mai molto amata dagli abitanti; è felicemente abbandonata agli arbusti, alle piante spontanee. Mi distendo su un sedile, nuvole di zanzarine mi costringono a rialzarmi. Zanzare tigre, dice Umberto. Umberto apprezza il giardino inselvatichito, c’è un’armonia di riconquista, le piante adatte al clima e al terreno hanno resistito - o si sono riprese quello che era loro.
Acilia – Ostia Antica – Parco letterario Pasolini, soprattutto a piedi
Scendendo alla fermata Acilia della Roma-Lido, mi aspettano Fernanda e Maria. Valuto se il mio leggero equipaggiamento è all’altezza del loro. Sono una camminatrice cittadina, per campi e sentieri vado poco. Al telefono, Fernanda mi ha ricordato le scarpe da ginnastica e ho obbedito. Ho anche lo zainetto, mi sento a posto. La piazza di Acilia ha qualcosa di desolato sotto il sole sciapo.
Ad Acilia, la biblioteca è stata dedicata a Sandro Onofri. Sandro Onofri l’ho conosciuto, scriveva reportage molto belli che dovrei rileggere.
Da Acilia dobbiamo raggiungere il Parco del Drago e imboccare il Sentiero Pasolini. Il sentiero che porta a Ostia Antica (ma l’intenzione è che prosegua fino al mare) è stato ideato da Sven Otto Scheen, traduttore norvegese di Pasolini.
L’area in cui stiamo mettendo piede è zona di bonifica. Andando verso il mare usciremo e rientreremo in queste terre basse. Già mi sembra di avvertire un umido speciale nel fondo dell’aria, ma forse non è più che suggestione o l’effetto della giornata umida. Sui due lati della nostra strada, le Casette Pater, costruite nel 1940 in fibra di legno pressata e cementata, con i tetti spioventi, senza fondamenta. Alcune si riconoscono ancora malgrado gli interventi che negli anni ne hanno cambiato la fisionomia e hanno ridotto o ampliato le dimensioni dei terreni (si può leggere il libro di Pennacchi, Fascio e martello. Le città del duce, sugli insediamenti nuovi di epoca fascista). Mi piace molto quando un elemento che riconosco mi permette di cominciare a leggere un posto nel suo sviluppo temporale. Funziona come una pagina in lingua straniera che si fa comprensibile a partire da qualche parola. Capisco poco, certo. Ma qualcosa. La bonifica e le casette Pater.
Ci immettiamo su una grande strada: un complesso residenziale sembra ancora in costruzione, ma guardando meglio, non lo è più. I lavori sono interrotti. Raggiungiamo la pista ciclabile che costeggia condomini e una scuola, entriamo nel Parco del Drago, e siamo di colpo nel mondo accanto.
Il Parco del Drago, fra Dragoncello e Dragone, è uno dei tanti parchi romani salvati e curati dai cittadini, qui la cura e la presenza sono evidenti, cartelli ti accolgono e ti seguono lungo il percorso. L’ombra fitta ci conforta. Ci fermiamo di fronte a un albero argentato che forma un grande imponente rifugio. Un giovane con il suo cane ci passa sotto e ci racconta del parco, di com’è nato, e di quell’albero, che lui vorrebbe in cortile, al posto del garage, ci parcheggerebbe sotto l’automobile. Ci racconta di un vecchietto che si prende cura del Parco, tagliando l’erba, potando i rami. Al telefono con Umberto, scopriamo che l’albero è un eucalipto australiano. Gli eucalipti erano usati per la bonifica, quelli australiani, questi - luccicanti come una festa - nei giardini. L’uomo che incontriamo subito dopo, che sta curando il Parco come il suo giardino, non ci sembra vecchio. È abbronzato, come uno che lavora al sole, scarmigliato, ci dice che abita lì da vent’anni. Ha separato con un confine di vasi una porzione di parco che interpreta come più intima. Privato e pubblico conducono qui un loro gioco in cui il confine è labile. Poco più avanti finiscono gli alberi, guardando in basso: l’ansa del Tevere.
Il Sentiero Pasolini da un lato ha i campi coltivati, dall’altro, dopo qualche spanna di terra, il Tevere. Il Tevere è più in alto dei campi e il nostro sentiero più in alto dei campi e del Tevere, proprio sul terrapieno di contenimento. Ad intervalli regolari, sulla nostra destra incontriamo dei casotti, c’è scritto sopra SOLLEVAMENTO e poi dei numeri e delle denominazioni. Il primo porta il numero 1° e il nome Dragone. La loro funzione è portare via l’acqua dai campi. La vegetazione che ci accompagna ci ricorda della presenza dell’acqua: canneti che sembrano muraglie. Ho un ombrello giallo che mi protegge dal vento e dal sole. Soffia un vento da ovest, sostenuto e continuo.
A Ostia Antica ci lasciamo confortare dall’armonia del Castello e dell’abitato, mangiamo qualcosa. Prendiamo fiato per l’ultima tappa.
Non solo il tempo mi sconcerta. Anche lo spazio. Da qualche parte in me sono convinta che la condizione naturale dell’umano sia l’ubiquità. Invece, al contrario, ci vuole pochissimo per ritrovarsi nell’assoluto altrove. Essere qui, nel tempo-spazio creato dal camminare (abbiamo percorso quasi venti chilometri), ci ha aperto le porte di un mondo accanto. Il mondo accanto adesso lo abitiamo. Quando chiediamo informazioni lo facciamo da perfette straniere. E così ci rispondono gli autoctoni, con gentilezza e condiscendenza come se venissimo da lontano, in una lingua chiusa e cupa che ci sembra nuova.
Ultima tappa. Il Parco letterario Pasolini
È come entrare in un cimitero. Circondato dall’immondizia, dai magazzini scabri, dalle carcasse di oggetti abbandonati. Un cimitero erboso, senza morti. Le lapidi ci guidano in un circolo vizioso, senza sbocco. Maria dice che Il pianto della scavatrice è il poema di Pasolini che preferisce, io dico: Le ceneri di Gramsci. Sulle panchine, discutiamo del marmo del monumento, di Mario Rosati che ne fu l’autore, delle lapidi con i versi incisi. Ci manca la vista del mare. Questo posto, anche se all’aperto, è claustrofobico. Fernanda, come per reagire, subito prima di lasciare il parco, apre un cancelletto di legno su cui c’è scritto: vietato l’accesso. Titubanti, la seguiamo nel fango, fra le foglie morte. C’è fresco. Fernanda apre la seconda porticina. Andiamo ancora avanti, fra gli arbusti e le canne, all’ombra. C’è un casotto chiuso. Rimaniamo per un momento immobili. In attesa. Da dentro qualcuno deve averci sentito. La porta si schiude piano. Un uomo con gli occhiali ci invita ad entrare: è un casotto di avvistamento della Lipu. Cerchiamo di fare silenzio. Lui, il quarto uomo del mondo accanto, ci spiega che quello che vediamo è un vecchio lago artificiale, che gli uccelli acquatici hanno gradito. Rimaniamo per un po’ a guardare l’acqua verde che quasi non si muove. Poi l’uomo con gli occhiali ci fa notare che non dovremmo essere lì.