LIBRI nel GIRO. BiCI chiama Pace. Le storie: Giovannino Corrieri Giovannino Corrieri era un corridore siciliano, emigrato in Toscana per ciclismo. Dopo la Seconda guerra mondiale restò a Prato e passò professionista con la Viscontea. “Più che una squadra di professionisti, quella era una banda di corsari – mi raccontava Corrieri, 96 anni, oggi non più sempre lucido -. Si correva per campare, la regola era prendere tutto quello che fosse a portata di mano, vincere tutto quello che fosse umanamente possibile. La mia specialità erano i traguardi a premio. Di tutto: damigiane e bottiglie di vino, salami, formaggi, perfino dei maialini, vivi, rotoli di cuoio, statue di marmo. L’importante era tornare a casa a mani piene, riempire la credenza, stivare la cantina, accatastare nel solaio in attesa dei tempi più duri. Il ricordo della guerra, e della fame, era fresco e forte. Ci era rimasta questa fame addosso, e questa mentalità da carestia, da siccità, o forse semplicemente da letargo. Nel Giro d’Italia del 1946 e in quello del 1947 non si pensava ad altro che partire a testa bassa, sprintare ogni volta che si vedeva uno striscione, fosse anche quello elettorale, com’è successo tante volte. A ogni Giro conquistavo una ventina di traguardi a premio, e non dico bugie”. Giovannino Corrieri sarebbe diventato il gregario di Gino Bartali. Anzi, di più: il suo angelo custode.